Japan spirits: i liquori giapponesi oltre al Sakè
Il Giappone è famoso oltre che per il sushi, anche per le sue bevande alcoliche. Di antiche tradizioni, questi liquori sono bevuti durante eventi sociali, cerimonie, feste tra amici e rimpatriate di famiglia. Qui in Italia è diventato famoso solo il Sakè, tipico distillato di riso fermentato, ma non è l’unico tipo di liquore bevuto in Giappone, scopriamo quindi gli altri liquori giapponesi.
I liquori giapponesi da scoprire
Non solo fermentati di riso quindi, anche in Giappone, per esempio, potrete trovare il Whisky, nato nelle terre scozzesi, ha stregato i giapponesi. Esiste infatti una produzione locale molto attenta. L’ammirazione per questa bevanda è tale che ingredienti come l’orzo vengono direttamente importati dalla Scozia. Ma il Whisky giapponese ha sfumature di gusto differenti rispetto a quello scozzese. Spesso infatti vengono utilizzate botti in mizunara, una quercia locale dalle essenze molto particolari.
Molto simile è lo Shochu che viene prodotto a partire dal riso ma anche dalle patate dolci, oppure dall’orzo, dallo zucchero canna o dal grano saraceno. La tradizione dello Shochu è più antica e risale al ‘500. Solitamente, data la gradazione alcolica, viene utilizzato per realizzare dei drink con succhi di frutta o soda, o anche tè. Anche se, quelli realizzati a partire dall’orzo e dalle patate, sono ottimi anche da soli, con qualche cubetto di ghiaccio.
L’Awamori è un’altro liquore giapponese, tipico del Giappone del Sud. Si prepara partendo da un distillato del riso thai (dal chicco allungato), un po’ come lo Shochu, che però utilizza varietà di riso più piccole. Rispetto al Sakè l’Awamori risulta più morbido e rotondo quand’è giovane, una volta invecchiato diventa Kuusu e sviluppa note più complesse.
Distillati a base di frutta
Umeshu è invece un distillato di prugne (nello specifico le prunus mume) ancora acerbe. Per realizzarlo si può scegliere di utilizzare Sake, Brandy o Shochu. In alcuni casi vengono poi aggiunti anche miele, tè verde, zenzero, foglie di perilla o yuzu.
Passiamo ora proprio allo Yuzushu, il liquore realizzato dal frutto yuzu. Questo è il cugino nipponico del nostro limoncello, al posto del limone troviamo però lo yuzu agrume con delle note che vanno dal pompelmo al bergamotto. Anche in questo caso la frutta viene fatta direttamente macerare nell’alcol (lo Shochu o il Brandy) insieme allo zucchero. Si utilizza come aperitivo o nei cocktail o ancora nella preparazione di salse o creme.
Sempre a base di frutta è il Momoshu. Questa volta troviamo le pesche bianche giapponesi come frutto, che vengono fatte macerare con alcol (Shochu, Vodka o Brandy), succo di limone e zucchero, ed è una tradizione relativamente moderna. Anche in questo caso può essere servito liscio, con ghiaccio o in aggiunta di altri liquori nei cocktail.
Le varianti del Sakè
Il Doburoku è un tipo di Sakè non filtrato. Il suo aspetto è torbido, quasi lattescente, risulta meno alcolico di quello classico e anche più dolce. Poi abbiamo lo Ahirozake e si realizza partendo da del riso cotto al vapore a cui si aggiunge koji e Shochu. Il mix viene poi fatto riposare per circa un mese sviluppando una bassa gradazione alcolica e un sapore dolce.
Parliamo anche poi dell’Amazake una bevanda dolce e cremosa, nella fermentazione del riso però, a differenza del Sakè, qui non troviamo lievito. Questa bevanda ha una storia antica che risale addirittura al 300-700 d.C. dopo un periodo prolungato in cui veniva utilizzato sempre meno, è tornato in auge grazie alla popolarità dei cibi fermentati, benefici per l’organismo.